Le nature morte sono una noia, diciamocelo. In qualsiasi film quando ci sono dei corsi di pittura, la prima lezione riguarda il dipingere una pera, una mela, un grappolo d’uva. E tutti pensiamo che sia facile, banale, che saremmo tutti in grado di disegnare una banana.
In realtà, come natura morta si intende la rappresentazione di oggetti inanimati, non solo di cibo: fiori, strumenti, musicali, oggetti di vario genere. Nel corso dei secoli questo tipo di pitture sono state molto utilizzate, con valore rappresentativo o simbolico, anche se, inizialmente, non avevano un valore indipendente e fungevano da complemento al resto del dipinto. Ma i periodi in cui conobbero maggiore importanza e acquisirono autonomia furono il Seicento e il Settecento.
Tra tutte le opere ritraenti nature morte, ho deciso di prendere ad esempio una delle più celebri, nonché di quelle che considero tra le più belle, la Canestra di frutta del Caravaggio. Il dipinto e’ un olio su tela del 1599. A differenza di quanto ho sempre pensato del genere, e’ davvero, oggettivamente bellissimo e riporta tutte le caratteristiche fondamentali di Caravaggio.
Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio per la città di origine, e’uno dei mie artisti prediletti: realista, cupo, tormentato. Vita difficile, quadri intensi, veri, d’impatto. Usa colori forti, scene tragiche, ferme e dinamiche allo stesso tempo. I suoi quadri sono inquietanti e gli episodi riprendono i fatti in maniera palpabile, cruenta, vera.
Ad aggiungere entusiasmo nei confronti del pittore, c’è anche la componente biografica: una vita tormentata, fatta di violenza, mistero, lotte.
Il dipinto pare una fotografia per quanto è preciso nei dettagli e rappresenta un cesto di vimini contenente frutta e foglie: mele, uva di diverso tipo, fichi. Il realismo tipico del Caravaggio e’ evidente e dirompente, ma soltanto apparente, poiché i frutti appartengono chiaramente a stagioni diverse e il cesto pare essere decontestualizzato, come prelevato dal suo ambiente naturale.
Ma l’efficacia della rappresentazione e’ data dal simbolismo frutto-uomo: Caravaggio paragona il cesto di frutta all’umanita’, evidenziandone la caducità tramite la presenza di frutti che stanno marcendo.
Il quadro fu commissionato dal Cardinale Federico Borromeo e contiene in se’ un significato religioso e cristologico: i frutti rappresentano la passione di Cristo e il cesto ha valenza mariana, simboleggiando la donna che si offre come dono al l’umanità intera.
Dal punto di vista pittorico e stilistico, l’opera non conosce pari all’epoca e, a mio modesto parere, neanche in precedenza o in futuro.
Ed ecco come un soggetto apparentemente banale come un cesto di frutta diventa un’opera d’arte, ricca di simboli, tecnica, unicità. Un modo per prendere qualcosa di quotidiano e trasformarlo. Avreste mai pensato di rimanere incantati di fronte a dell’uva, neanche tanto fresca? Beh, sicuramente, tra tutte le nature morte questa e’ una delle più originali, e’ vero, ricca di colore, prospettiva, significato. Un modo nuovo e tipico di una mente geniale come quella del Caravaggio di reinterpretare temi e soggetti classici.
Il soggetto sarà spesso inserito come complemento in altre opere del pittore, sempre con valenza simbolica.
Ed ecco un primo esempio di come il cibo non serva solo a sfamare, ma possa essere utilizzato per realizzare e significare qualcosa di più grande: abituati a considerarlo sinonimo di abbondanza, qui ne scopriamo l’inevitabile decadenza e deperimento. Due facce della stessa medaglia.
vero sono una noia mortale e io mi devo fare una ricerca per la prof di arte che intanto fa i suoi comodi